L'AI ha migliorato la ricerca online, ma potrebbe rovinare il web

La ricerca con AI è una innegabile comodità che rischia però di stravolgere il web per come l'abbiamo conosciuto finora.L'articolo L'AI ha migliorato la ricerca online, ma potrebbe rovinare il web sembra essere il primo su Smartworld.

Mar 18, 2025 - 11:52
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L'AI ha migliorato la ricerca online, ma potrebbe rovinare il web

Per anni, Google è stato sinonimo di internet. Lo abbiamo usato per cercare informazioni di ogni genere, passando da blog, siti di informazione e forum per ottenere le risposte alle domande più disparate, spesso anche mal poste.

Ora, però, gli AI chatbot stanno rivoluzionando il web e il modo in cui lo usiamo: invece di mostrare i classici "dieci link blu", forniscono risposte immediate, anche a questioni così complesse che un classico motore di ricerca non avrebbe saputo dipanare. Un cambiamento che sta già avendo conseguenze importanti, nel bene e nel male.

Secondo uno studio di Adobe Analytics, il traffico verso i siti di e-commerce proveniente da ricerche AI è aumentato del 1.300% nel 2024 rispetto al 2023, con un picco del 1.950% durante il Cyber Monday.

Ma l'aspetto più interessante, e forse meno prevedibile, riguarda il comportamento degli utenti.

  • Chi arriva da ricerche AI resta online l'8% in più sui siti suggeriti.
  • Visualizza il 12% di pagine in più rispetto a chi usa Google o Bing.
  • È il 23% meno propenso ad abbandonare subito il sito.

Tutti segnali molto interessanti, sia per gli utenti che per i siti coinvolti. Sembra infatti che l'AI indirizzi molto bene il pubblico, meglio dei classici motori di ricerca, con risultati così pertinenti che poi il lettore è così interessato da rimanere più a lungo sulla pagina dell'e-commerce suggerita.

Va però sottolineata una importante ovvietà: le ricerche che hanno un intento di acquisto sono diverse da quelle informative. Le prime rimanderanno sempre a uno store online, anche qualora fosse l'AI stessa a occuparsi del checkout; le seconde invece possono esaurirsi subito con la risposta diretta al quesito dell'utente, senza più la necessità di visitare alcun sito web. E questo ci porta ad alcune ulteriori considerazioni.

Se quindi per gli e-commerce il problema è relativo (alla fine, chi vuole acquistare un prodotto deve comunque visitare un sito), per i blog e i siti di informazione la situazione è più preoccupante.

Le AI attingono ai loro contenuti per generare risposte direttamente nelle chat, senza che l'utente debba più cliccare sui link originali. Questo potrebbe portare a una crisi del modello basato sulla pubblicità, che dipende proprio dal traffico web.

E questo è impattante tanto per i big quanto per i nuovi siti emergenti, che avranno sempre più difficoltà a farsi conoscere. Senza contare il fatto che i dati prelevati dall'AI senza traffico alle fonti che li hanno originati di fatto sono un furto di informazioni, senza compenso per chi le ha generate.

Il problema non è solo teorico. Forbes ha accusato Perplexity di plagio, mentre News Corp ha avviato una causa per violazione di copyright. OpenAI, forse consapevole del rischio, ha stretto accordi con alcuni editori per dare loro maggiore controllo su come i loro contenuti vengono utilizzati nei chatbot, ma non sempre i blocchi imposti sembrano funzionare correttamente.

Ci sono infatti due scenari preoccupanti in tutto ciò, che in parte stiamo già sperimentando, forse senza che il grande pubblico se ne sia accorto:

  1. Un web sempre più povero di contenuti, perché i piccoli non riescono a sostenersi e anche i grandi lottano per rimanere a galla. E con meno informazioni a cui attingere, anche i contenuti generati dall'AI diventeranno meno affidabili.
  2. Un web sempre più ricco di contenuti generati dall'AI. Col risultato che le varie AI apprenderanno da loro stesse in pratica, il che non è positivo (anzi, è già stato fonte di studi in passato su come i risultati generati dai vari chatbot siano peggiorati proprio a causa di questo fenomeno).

Il web è da sempre "la terra delle comodità". È quel posto dove trovi film, musica, informazioni, giochi, e svago, tutti tendenzialmente gratis.

E la ricerca basata sull'AI è un'innegabile comodità! Ottieni ciò che vuoi in meno tempo e (auspicabilmente) con maggiore efficienza. Dal punto di vista dell'utente è solo un guadagno.

Al contempo tutto ciò rischia di essere un boomerang: se gli utenti smettono di visitare i siti da cui l'AI prende informazioni, chi produrrà le tanto agognate risposte?

Già adesso sempre più testate stanno ricorrendo a paywall e abbonamenti per compensare i cali della pubblicità, ma questo modello è sostenibile (al massimo) solo per i siti già grandi e consolidati: chi pagherebbe per leggere i contenuti di un blog che nessuno conosce? E in generale al pubblico non piace pagare per qualcosa che ha sempre avuto gratis.

Ci sono poi alcuni accordi tra editori e aziende che sviluppano motori di ricerca AI, ma come abbiamo già sottolineato i rapporti tra queste entità sono delicati e conflittuali.

Se da una parte insomma la ricerca AI può risolvere alcuni problemi di quella tradizionale, dall'altro ne sta anche generando di nuovi, che se lasciati irrisolti rischiano di peggiorare la qualità del web per come l'abbiamo conosciuto finora.

Non sempre la strada più comoda è la migliore, ma spesso ce ne dimentichiamo proprio perché internet è sempre stato "comodo". O noi troppo pigri.

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