Telegram: il CEO Pavel Durov non è più in arresto

Pavel Durov, CEO di Telegram, ha lasciato temporaneamente la Francia grazie a un permesso delle Autorità. L'indagine sulle responsabilità della piattaforma nella prevenzione dei reati prosegue, mentre Telegram ha recentemente aggiornato le proprie politiche di collaborazione.

Mar 18, 2025 - 10:09
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Telegram: il CEO Pavel Durov non è più in arresto

Il capitolo conclusivo della vicenda che ha visto protagonista Pavel Durov, CEO di Telegram, non è ancora stato scritto. Tuttavia, le Autorità francesi al fondatore del noto network di messaggistica istantanea un permesso temporaneo per lasciare il Paese. Così Durov è salito in aereo ed è tornato a Dubai, sua città di residenza, come conferma in un post pubblicato su Telegram qualche ora fa.

Durov era stato arrestato ad agosto 2024, presso l’aeroporto Le Bourget, non appena aveva messo piede sul suolo francese. Gli inquirenti avevano deciso di procedere a valle di un’indagine sull’utilizzo di Telegram da parte di terzi per compiere reati. A Durov, in quanto primo responsabile della piattaforma, veniva contestato di non aver fatto abbastanza per prevenire e bloccare la diffusione di materiali che violano le leggi vigenti.

Il ruolo di Telegram nella lotta alla criminalità

Nel suo messaggio, Durov ha sottolineato l’impegno di Telegram nel rispetto delle normative e nella collaborazione con le Autorità. “Voglio ringraziare i giudici istruttori per aver reso possibile questo, così come i miei avvocati e il mio team per i loro sforzi nel dimostrare che, in termini di moderazione, cooperazione e lotta al crimine, Telegram non solo ha rispettato, ma ha superato i propri obblighi legali“, ha dichiarato.

A seguito delle pressioni delle Autorità, a settembre 2024 Telegram ha aggiornato la propria politica sulla condivisione dei dati con le forze dell’ordine, aprendo alla condivisione di numeri di telefono e indirizzi IP di utenti sospettati di violare i termini di servizio della piattaforma, previo ordine del tribunale. Prima di questa modifica, tali dati erano condivisi solo per sospetti casi di terrorismo.

Oltre a ciò, Telegram ha migliorato il proprio motore di ricerca interno, spesso sfruttato per la promozione di beni illegali, con l’obiettivo di contrastare gli abusi. “Telegram Search è pensato per trovare amici e scoprire notizie, non per promuovere prodotti illeciti. Non permetteremo a malintenzionati di minare l’integrità della nostra piattaforma utilizzata ormai da quasi un miliardo di utenti“, ha affermato Durov.

Collaborazione con le Autorità

A gennaio 2025, Telegram ha confermato di aver fornito informazioni relative a numeri di telefono e indirizzi IP oltre 2.200 utenti della piattaforma, dando positivamente seguito a 900 richieste pervenute da parte del governo statunitense. Un’attività di collaborazione con cui Telegram ha voluto dimostrare un maggiore allineamento con le normative internazionali.

Intanto, la piattaforma continua la sua crescita esponenziale: a luglio 2024, Telegram ha raggiunto i 950 milioni di utenti attivi mensili, mentre due mesi dopo ha superato i 10 milioni di abbonati paganti.

Le indagini continuano

Sebbene gli inquirenti transalpini abbiano deciso di sospendere il divieto di espatrio imposto a Durov fino al prossimo 7 aprile, l’indagine continuerà a seguire il suo corso.

Il caso Durov evidenzia le sfide legali e normative che le piattaforme di messaggistica devono affrontare per bilanciare la tutela della privacy degli utenti con le richieste avanzate dalle Autorità, nello svolgimento delle attività di contrasto dei reati.

Resta da vedere quali saranno gli sviluppi delle verifiche e come Telegram si adatterà alle nuove pressioni governative in futuro.

In un altro articolo abbiamo spiegato perché la vicenda Pavel Durov va seguita con attenzione. L’indagine francese tocca infatti temi fondamentali come la privacy, la sicurezza delle comunicazioni e il potere delle Autorità nell’accedere ai dati degli utenti.

Il nodo centrale è l’accesso alle comunicazioni private: le Autorità francesi avevano accusato Telegram di mancata collaborazione. Se un CEO può essere arrestato per la mancata concessione di accesso alle comunicazioni, altre piattaforme potrebbero subire lo stesso destino, con il rischio di un controllo sempre più invasivo sulle comunicazioni digitali.