Scudi auto-riparanti al vaglio: un nuovo baluardo per i reattori a fusione
Scienziati testano metalli liquidi auto-riparanti per proteggere i futuri reattori a fusione dal calore estremo
Nel cuore dei Paesi Bassi, un laboratorio sta scrutando l'estremo per proteggere il futuro dell'energia da fusione. Il Dutch Institute for Fundamental Energy Research (DIFFER), con il suo avveniristico dispositivo Magnum-PSI, sta mettendo alla prova materiali capaci di resistere alle condizioni infernali che si generano all'interno dei reattori a fusione di prossima generazione.
Immaginate un ambiente dove la materia raggiunge temperature superiori a quelle del Sole, un bombardamento incessante di particelle ad altissima energia. È qui che i ricercatori del DIFFER concentrano i loro sforzi, cercando soluzioni innovative per salvaguardare le pareti dei futuri impianti di fusione. I materiali solidi tradizionali, pur resistenti come il tungsteno (che fonde a circa 3400 gradi Celsius), mostrano i propri limiti di fronte a tali sollecitazioni prolungate, subendo erosione, fessurazioni e fragilità, compromettendo la sicurezza e l'efficienza dell'intero reattore.
Per superare questo ostacolo cruciale, gli scienziati del DIFFER stanno esplorando le promettenti proprietà dei metalli liquidi. L'idea è quella di creare uno strato sottile e dinamico, capace di auto-ripararsi in tempo reale. Immaginate una sorta di pellicola metallica liquida che scorre su una struttura di supporto. Quando il plasma incandescente colpisce questa superficie e provoca un danno, il metallo liquido fluisce immediatamente per colmare la lacuna, ripristinando la barriera protettiva.