La Guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina raggiunge un nuovo punto critico
Il conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina si intensifica ulteriormente, mentre Pechino annuncia una robusta controffensiva economica.


Il conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina si intensifica ulteriormente, mentre Pechino annuncia una robusta controffensiva economica in risposta ai nuovi dazi imposti dall’amministrazione Trump. Nella serata di venerdì, il governo cinese ha reso pubblica una serie di politiche che confermano la sua intenzione di non retrocedere nel confronto aperto con Washington. Il cuore della risposta è un incremento del 34% sulle tariffe applicate alle importazioni dagli Stati Uniti, equivalenti a quelle volute dal presidente americano sui beni cinesi.
Stati Uniti vs Cina: tariffe simmetriche per una battaglia commerciale sempre più accesa
La decisione della Cina di applicare tariffe del 34% sui prodotti americani rappresenta una chiara dichiarazione d’intenti: nessun passo indietro davanti alla pressione americana. Lo scontro è ormai su scala globale, considerando che i dazi imposti da Trump colpiscono le importazioni da tutto il mondo, non solo dalla Cina. In risposta, Pechino ha scelto la via della reciprocità, introducendo dazi identici sia nella percentuale che nella portata.
Gli Stati Uniti, tramite le nuove politiche commerciali volute da Trump, hanno voluto colpire duramente il surplus commerciale cinese, ma la Cina ha dimostrato di avere strumenti per reagire. Seppur le tariffe cinesi interesseranno un numero inferiore di beni, è solo perché la Cina acquista molto meno dagli USA rispetto a quanto esporta verso di essi: nel solo anno scorso, gli Stati Uniti hanno acquistato beni cinesi per 426,9 miliardi di dollari, mentre la Cina ha importato merci americane per un valore di 147,8 miliardi.
La Cina blocca 11 aziende americane: la mossa strategica
A rendere ancora più dura la reazione cinese è stata la decisione del Ministero del Commercio di inserire 11 aziende statunitensi nella “lista delle entità inaffidabili”, impedendo loro di operare nel mercato cinese o di stringere accordi con aziende locali. È un gesto che colpisce in modo diretto il sistema industriale e commerciale americano, che da anni beneficia dell’accesso al gigantesco mercato cinese.
I dettagli sulle aziende interessate non sono stati resi pubblici, ma la misura segue l’obiettivo di restringere ulteriormente la cooperazione in settori cruciali. In parallelo, la Cina sta introducendo un sistema di licenze per controllare l’esportazione di sette terre rare, materiali strategici per tecnologie all’avanguardia come auto elettriche e sistemi di armamento intelligenti. Dal momento che queste terre rare sono quasi esclusivamente estratte e lavorate in Cina, il controllo sull’export rappresenta un’arma potente nelle mani di Pechino.
Indagini sui dispositivi medici e stop all’agroalimentare
Oltre alle tariffe e ai blocchi commerciali, il Ministero del Commercio cinese ha annunciato l’avvio di due indagini commerciali su prodotti medici americani, in particolare sulle apparecchiature di imaging, un settore in cui gli Stati Uniti detengono ancora una posizione di rilievo a livello mondiale. Le indagini, formalmente legate a presunti squilibri commerciali, sono anche una forma di pressione sulle poche aree in cui l’industria statunitense mantiene un vantaggio competitivo.
Un altro colpo deciso è arrivato dalle autorità doganali cinesi, che hanno bloccato le importazioni di pollo da cinque dei maggiori esportatori agricoli statunitensi e di sorgo da una sesta azienda. Questa mossa colpisce direttamente il settore agroalimentare americano, già messo a dura prova in passato dalle tensioni commerciali. Il settore agricolo, storicamente uno dei più legati alle esportazioni verso la Cina, rischia ora di perdere quote importanti di mercato.
Il gigante asiatico mostra i muscoli
La strategia cinese è chiara: rispondere con fermezza e colpire punti nevralgici dell’economia americana. Pechino non sembra intenzionata a cedere sotto la pressione di Trump, e le misure adottate finora ne sono la dimostrazione. Con l’uso strategico dei dazi, delle restrizioni commerciali e del controllo su risorse critiche, la Cina si dimostra preparata a sostenere un conflitto che va ben oltre la semplice disputa sulle importazioni.
Sebbene il paese asiatico non possa tecnicamente “pareggiare” le tariffe americane, a causa del grande squilibrio tra quanto esporta e quanto importa dagli Stati Uniti, le contromisure messe in campo toccano settori strategici e mirano ad amplificare l’impatto politico e sociale delle sanzioni.
Le ripercussioni sul commercio globale
La crescente tensione tra le due maggiori economie del mondo rischia di avere effetti destabilizzanti sull’intero sistema commerciale globale. L’incertezza generata da questi scambi di “colpi economici” spinge le aziende internazionali a rivedere piani industriali, supply chain e investimenti. Le restrizioni sull’esportazione di materiali fondamentali come le terre rare, ad esempio, hanno implicazioni che superano il semplice scontro bilaterale: si tratta di risorse vitali per l’industria tecnologica mondiale.
Nel frattempo, la guerra dei dazi diventa anche una sfida geopolitica in cui si confrontano due visioni differenti del commercio internazionale e dei rapporti di potere. Da una parte, l’unilateralismo di Trump, dall’altra la pronta risposta cinese che mira a dimostrare l’autosufficienza e la solidità della propria economia.
Verso un’escalation senza ritorno?
Con le nuove misure adottate da Pechino, il panorama commerciale globale appare ancora più incerto. L’equilibrio è fragile e ogni nuova azione da una delle parti potrebbe generare reazioni a catena difficilmente controllabili. La domanda che molti analisti si pongono è se esista ancora uno spiraglio per la diplomazia, o se ormai le due superpotenze abbiano imboccato una strada senza ritorno.
Nel frattempo, gli osservatori globali restano in attesa di ulteriori sviluppi, mentre l’impatto sulle economie locali e internazionali comincia a farsi sentire. In gioco non ci sono solo miliardi di dollari in scambi commerciali, ma anche la posizione egemonica nel nuovo ordine economico mondiale. E nessuna delle due potenze sembra voler fare il primo passo indietro.