Meta nel mirino: le accuse dell’ex dirigente Sarah Wynn-Williams sul rapporto con la Cina

La tensione tra Meta e Washington raggiunge un nuovo apice dopo la recente testimonianza dell’ex dirigente Sarah Wynn-Williams.

Apr 9, 2025 - 11:00
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Meta nel mirino: le accuse dell’ex dirigente Sarah Wynn-Williams sul rapporto con la Cina
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La tensione tra il colosso tecnologico Meta e Washington raggiunge un nuovo apice dopo la recente testimonianza dell’ex dirigente Sarah Wynn-Williams, che ha deciso di rompere il silenzio davanti al Congresso americano. Con dichiarazioni destinate a far discutere, Wynn-Williams solleva gravissime accuse contro il management dell’azienda guidata da Mark Zuckerberg, affermando che Meta avrebbe favorito apertamente gli interessi del governo cinese nel campo dell’intelligenza artificiale, fino a mettere a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Ex dirigente di Meta in prima linea davanti al Congresso

Sarah Wynn-Williams è stata direttrice delle politiche pubbliche globali di Facebook, oggi Meta, dal 2011 al 2017. In quel periodo, sostiene di aver assistito a pratiche interne che definisce “pericolose” e “illecite”. Secondo la sua bozza di testimonianza, ottenuta in esclusiva da Business Insider, l’azienda avrebbe contribuito segretamente ai progressi tecnologici della Cina, trasmettendo dati personali e collaborando con il governo cinese per favorire le loro ambizioni globali.

Le sue affermazioni arrivano sulla scia della pubblicazione del suo libro di memorie, “Careless People”, che contiene già gravi denunce verso Meta. Un’opera che è stata duramente contestata dall’azienda, la quale ha ottenuto un’ordinanza arbitrale che impedisce temporaneamente all’autrice di promuovere il libro o rilasciare dichiarazioni critiche contro il suo ex datore di lavoro. Nonostante ciò, il libro è diventato un bestseller.

Le accuse: censura, accesso ai dati e collaborazione AI

Nel testo preparato per la sua audizione al Senato, Wynn-Williams parla di un comportamento gravemente compromettente da parte dei vertici dell’azienda. A suo dire, Meta avrebbe agito “mano nella mano con il Partito Comunista Cinese”, aiutando a costruire strumenti di censura personalizzati per sopprimere le voci dissidenti. Un caso citato riguarda la cancellazione dell’account di un dissidente cinese residente negli Stati Uniti, avvenuta su richiesta di Pechino, e successivamente negata davanti al Congresso.

Tra le accuse più gravi figura quella secondo cui Meta avrebbe condiviso dati personali degli utenti, inclusi cittadini americani, con il governo cinese, violando norme sulla privacy e potenzialmente compromettendo la sicurezza nazionale. Wynn-Williams dichiara di essere in possesso di documenti interni che dimostrano queste operazioni.

Un altro punto sollevato riguarda la presunta partecipazione di Meta allo sviluppo dell’intelligenza artificiale cinese, attraverso l’uso del modello AI proprietario chiamato Llama. Secondo la testimonianza, tale modello avrebbe favorito la nascita della tecnologia DeepSeek, oggi utilizzata anche per scopi militari in Cina.

Project Aldrin: il tentativo segreto per entrare in Cina

Wynn-Williams rende noto l’esistenza di un’operazione interna chiamata “Project Aldrin”, conosciuta solo da un numero ristretto di dipendenti. L’obiettivo era entrare nel mercato cinese a qualsiasi costo. L’ex dirigente sostiene che Meta avrebbe persino lavorato per creare un collegamento fisico diretto tra Stati Uniti e Cina, un cavo sottomarino da 8.000 miglia destinato a trasmettere dati ad alta velocità. Il progetto, tuttavia, è stato interrotto dall’amministrazione Trump, proprio per timori legati alla sicurezza dei dati americani.

In aggiunta, denuncia incontri segreti con funzionari cinesi fin dal 2015, durante i quali venivano discussi argomenti critici come le tecnologie emergenti, incluso lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. L’obiettivo, sempre secondo la sua testimonianza, era “aiutare la Cina ad accrescere la propria influenza globale e promuovere il suo ‘China Dream’”.

La replica di Meta: “Accuse false e infondate”

Meta ha reagito con fermezza alle accuse, definendo le affermazioni di Wynn-Williams “totalmente disconnesse dalla realtà e piene di falsità”. Un portavoce dell’azienda ha ricordato che Facebook non opera in Cina e che l’interesse dell’azienda per quel mercato era stato trattato pubblicamente più di un decennio fa, incluso direttamente da Mark Zuckerberg.

La società ha inoltre sottolineato che Wynn-Williams è stata licenziata nel 2017 per scarso rendimento e che la causa legale in corso contro di lei non è un tentativo di censura, ma una risposta a presunte violazioni contrattuali.

Libertà di parola o controllo dell’informazione?

Un aspetto inquietante della vicenda è la misura legale ottenuta da Meta che impedirebbe a Wynn-Williams di parlare con membri del Congresso, oltre a limitarne le dichiarazioni pubbliche. 

“Questo ordine del tribunale è stato richiesto da un’azienda il cui CEO si proclama paladino della libertà di espressione”, 

afferma la dirigente nella sua bozza di discorso.

Wynn-Williams ha presentato anche una risoluzione agli azionisti di Meta per chiedere l’apertura di un’indagine interna sulle attività in Cina. Ha inoltre inoltrato denunce formali alla SEC e al Dipartimento di Giustizia, consolidando il quadro di una battaglia giudiziaria e politica che promette di durare.

Una testimonianza che accende un fronte geopolitico

Le rivelazioni di Wynn-Williams arrivano in un momento in cui il conflitto tecnologico tra Stati Uniti e Cina si fa sempre più teso, soprattutto nel campo strategico dell’intelligenza artificiale. In tale contesto, le accuse all’azienda di Menlo Park rischiano di aprire un nuovo caso di livello internazionale, con conseguenze ancora imprevedibili.

All’interno dell’audizione al Senato, la ex dirigente ha concluso chiedendo che Meta sia finalmente ritenuta responsabile per anni di attività nascoste, che, a suo parere, continuerebbero ancora oggi: 

“Sono qui, mettendo a rischio la mia incolumità personale, perché avete il potere e l’autorità per chiedere conto delle loro azioni.”

Una dichiarazione esplosiva che promette di alimentare il dibattito politico su privacy, sicurezza e la responsabilità delle big tech nel mondo interconnesso di oggi.